10 ricercatrici dell’Università di Torino vincono il prestigioso grant della Fondazione Veronesi
Il 21 marzo, all’Unicredit Pavilion di Milano, la cerimonia di consegna del riconoscimento a sostegno della ricerca
La Fondazione Umberto Veronesi ha assegnato il prestigioso premio dedicato ai ricercatori che si occupano di oncologia, malattie cardiovascolari e neuroscienze, finanziando 188 borse di ricerca per il 2018. A livello nazionale, quasi l’80% dei premiati è composto da ricercatrici, quota che nell’Ateneo torinese arriva al 100%: Laura Annaratone, Sara Bonzano, Elisa Carlino, Eleonora Cavallari, Lorena Consolino, Cecilia Mancini, Valentina Miano, Giulia Nato, Chiara Pighi e Tiziana Rosso sono le 10 ricercatrici dell'Università che hanno ricevuto il riconoscimento. Le studiose si occupano di oncologia pediatrica, atassia spinocerebellare, leucemia linfatica cronica, carcinoma mammario, tumore prostatico, staminali del cervello, potenziale staminale e riparativo negli astrociti e malattia di Parkinson. In particolare, il NICO (Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi) annovera 2 ricercatrici tra i vincitori delle 32 borse in neuroscienze assegnate a livello nazionale.
In totale, nell’area torinese i vincitori del grant sono 15 e lavorano, oltre che all’Università e al NICO, all’Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza, all’Italian Institute for Genomic Medicine e alla Fondazione del Piemonte per l’Oncologia di Candiolo. I vincitori appartengono a “una nuova generazione di scienziati, capaci di pensare e di agire da ricercatori e da clinici insieme” afferma Chiara Tonelli, presidente del comitato scientifico della Fondazione Veronesi, che continua: “Sono ricercatori in grado di parlare la lingua della medicina del futuro: molecolare, preventiva, personalizzata”.
Il presidente della Fondazione, Paolo Veronesi, dopo aver sottolineato il progresso in ambito diagnostico, evidenzia le innovazioni nella cura del cancro: “Oggi usiamo ancora la chemioterapia. Ma sempre più spazio si stanno ritagliando terapie a bersaglio molecolare”. Inoltre, Giuseppe Pelicci, membro del comitato scientifico, dichiara: “Grazie alla conoscenza del genoma, oggi è possibile agire con terapie personalizzate”. Dunque, il segnale di speranza lanciato dalla ricerca non riguarda solo un aumento dell’aspettativa di vita, ma anche un miglioramento della sua qualità: dalla diagnosi, alla cura, alla riabilitazione.