Ecco come il cervello controlla paura e ansia
Il team di ricerca coordinato dal Prof. Benedetto Sacchetti dell'Università di Torino e dell’Istituto Nazionale di Neuroscienze ha dimostrato nuove funzioni dell’amigdala.
Per motivi di sopravvivenza, gli animali, incluso l’uomo, non possono attendere le conseguenze degli eventi per valutare la presenza di un potenziale pericolo. Pertanto, il nostro cervello ha sviluppato meccanismi in grado di inferire le conseguenze delle azioni o degli eventi sulla base delle esperienze pregresse. Ad esempio, se un determinato evento in passato è stato associato ad un pericolo, la sua eventuale ricomparsa determinerà immediatamente risposte di fuga o di difesa.
Anche stimoli nuovi che somigliano a quello pericoloso potranno innescare comportamenti difensivi, così da consentire una difesa efficace anche in presenza di nuovi potenziali pericoli. Al contrario, stimoli nuovi marcatamente diversi da quelli pericolosi non indurranno risposte di difesa, in quanto risulterebbero inappropriate e controproducenti. Questi processi di inferenza sono pertanto essenziali nella vita di tutti i giorni e, se sono deficitari, si possono scatenare patologie quali i disturbi di ansia e i disturbi post-traumatici da stress, in cui stimoli innocui determinano risposte di paura e ansia.
Da tempo è noto che l’amigdala, una struttura presente nel cervello di tutti i mammiferi, svolge un ruolo chiave nei processi legati al pericolo e alla paura. L’amigdala infatti aumenta enormemente la propria attività in presenza di stimoli pericolosi innescando in tal modo i comportamenti di difesa. Adesso, in uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Communications, l’equipe di ricerca coordinata dal Prof. Benedetto Sacchetti dell’Università di Torino e dell’Istituto Nazionale di Neuroscienze (INN) ha dimostrato che l’attività dell’amigdala è importante non solo per innescare i comportamenti di difesa in presenza di pericoli, ma anche per prevenire l’insorgenza di tali comportamenti in presenza di stimoli nuovi ed innocui.
I ricercatori hanno infatti scoperto che nell’amigdala ci sono almeno due diverse popolazioni di neuroni. La prima popolazione è quella nota da tempo e si attiva in presenza di pericoli o di eventi traumatici. Questi neuroni si attivano anche in presenza di stimoli nuovi simili a quelli pericolosi, così da innescare le risposte di difesa.
"Quando invece un individuo si trova ad affrontare stimoli nuovi ma diversi da quelli pericolosi, abbiamo scoperto che l’amigdala non smette di essere attiva, come finora ipotizzato - spiega la Dr.ssa Anna Grosso del team del Prof. Sacchetti - ma si attiva al suo interno una seconda popolazione di neuroni diversa da quella precedente. Questa popolazione non è attiva in presenza di pericoli, è costituita da diverse tipologie di neuroni inibitori ed eccitatori, e sembra servire specificamente per impedire l’innesco delle risposte difensive in presenza di stimoli non potenzialmente pericolosi. Infatti - conclude la Dr.ssa Grosso - la sua distruzione nei topolini da laboratorio causa l’insorgenza delle risposte di paura anche in presenza di stimoli innocui".
"L’identificazione dei meccanismi che, in una struttura cruciale per la regolazione dei processi di paura e ansia come l’amigdala consentono di prevenire l’innescarsi delle risposte legate alla paura, può avere importanti risvolti per lo studio dei meccanismi cerebrali coinvolti nei disturbi di paura e ansia" sottolinea il Prof. Benedetto Sacchetti. "Il corretto funzionamento di questa popolazione di neuroni potrebbe risultare danneggiato in presenza di traumi o in situazioni di stress. Di conseguenza - conclude - le persone non sarebbero più in grado di discriminare tra stimoli realmente pericolosi e stimoli invece innocui, mettendo in atto risposte e comportamenti di paura anche in presenza di quest’ultimi, come avviene appunto nei pazienti che soffrono di disturbi d’ansia e di disturbi post-traumatici da stress".